Dottrina / Orientamenti giurisprudenziali

Il legittimo rifiuto di trattare/negoziare del datore: limiti alle prerogative sindacali

06 Agosto 2025 |

Nel sistema delle relazioni industriali, durante la negoziazione collettiva occorre cercare un punto di equilibrio tra datore e organizzazioni sindacali. In questo contesto, è necessario capire se e quando il datore di lavoro possa legittimamente rifiutarsi di sedere al tavolo delle trattative poiché, sebbene il ruolo del sindacato sia costituzionalmente riconosciuto, l'ordinamento non impone al datore l'obbligo generalizzato di negoziare.

Sommario

Il principio generale: la libertà sindacale “negativa”

Il punto di partenza di ogni analisi è il principio della libertà sindacale, sancito dall'art. 39 Cost.. La giurisprudenza ha, da tempo, interpretato tale libertà in senso positivo” (il diritto di costituire e aderire a sindacati) e “negativo”. Quest'ultimo aspetto si traduce, per il datore di lavoro, nella libertà di non aderire ad alcuna associazione datoriale e, di conseguenza, di non essere vincolato a un contratto collettivo se non per adesione volontaria, esplicita o implicita.

Da questo principio discende che, in linea generale, non esiste un obbligo per il datore di lavoro di avviare una trattativa su richiesta di un'organizzazione sindacale. Questo concetto è stato espresso con chiarezza dalla giurisprudenza di merito. Al riguardo, il Tribunale di Milano, in una nota sentenza, ha, infatti, affermato che: “non può in alcun modo ritenersi configurabile un obbligo per il datore di lavoro di avviare sempre e comunque la trattativa sulla base di una piattaforma rivendicativa sindacale, poiché il suo rifiuto a negoziare è espressione diretta della libertà sindacale – negativa – riconosciutagli dall'ordinamento giuridico” (...

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