Dottrina / Riviste

La durata del patto di prova nel contratto a tempo determinato dopo il Collegato Lavoro

03 Gennaio 2025 |

Con il Decreto Trasparenza, il legislatore era intervenuto sulla durata del patto di prova nei contratti a termine, prevedendone il riproporzionamento in relazione alla durata e al contenuto del rapporto di lavoro. Integrando quella previsione normativa, il Collegato lavoro ne definisce la durata legale minima e massima sulla base di un criterio strettamente aritmetico. 

Il patto di prova: natura e requisiti

Il patto di prova, regolato dall'art. 2096 c.c., costituisce un elemento accessorio del contratto di lavoro assimilabile alla condizione. Durante il periodo di prova, le parti verificano la convenienza reciproca alla prosecuzione del rapporto di lavoro, sperimentando, il datore di lavoro, le capacità e competenze del lavoratore, e, quest'ultimo, le condizioni di svolgimento della prestazione e l'interesse verso le mansioni oggetto del contratto. 

La validità del patto di prova è condizionata alla sua stipulazione in forma scritta, con l'indicazione delle mansioni e della durata del periodo di esperimento reciproco. 

Durante la prova – o al termine della stessa – ciascuna delle parti del rapporto può recedere senza dover fornire alla controparte né una motivazione specifica, né un obbligo di preavviso o di pagamento di indennità sostitutiva dello stesso. Secondo quanto previsto dall'art. 7, comma 1, D.Lgs. 104/2022 – ma già dall'art. 10, L. 604/1966 – la durata massima del patto di prova è fissata in 6 mesi, ovvero nel minore periodo stabilito dalla contrattazione collettiva applicabile al rapporto, che, spesso, ne differenzia l'arco ...

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