Dottrina / Riviste

Trasferimento del lavoratore: poteri e limiti del datore

23 Dicembre 2024 |

Il trasferimento del lavoratore comporta la sua definitiva assegnazione a un'unità produttiva diversa da quella individuata in sede di assunzione, in cui la discrezionalità della disposizione datoriale sottende all'esistenza di oggettive e concrete esigenze organizzative e produttive e al rispetto di specifiche esclusioni previste per talune categorie di lavoratori.   

Presupposti 

Il trasferimento del lavoratore si identifica nella definitiva (intesa senza limiti di tempo) assegnazione del lavoratore a una sede di lavoro diversa da quella definita a inizio rapporto o successivamente modificata.

Il trasferimento, diversamente dalla trasferta, trova la propria identità normativa nell'art. 2103, c. 8, c.c. che legittima il datore di lavoro a disporlo unilateralmente in presenza di comprovate ragioni, ovvero:

  • esigenze tecniche, organizzative e produttive, ovvero ragioni direttamente afferenti allo svolgimento dell'attività imprenditoriale;
  • motivazioni disciplinari;
  • incompatibilità ambientale, ovvero per ragioni interferenti con il corretto funzionamento dell'attività aziendale.

Quindi l'istituto del trasferimento si incardina sui seguenti aspetti:

  • esistenza di “luogo di lavoro”, inteso come unità produttiva in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria prestazione lavorativa;
  • stabilità della variazione del luogo di lavoro, intesa come definitività del provvedimento datoriale
  • comprovata esigenza del datore di lavoro.

Il potere datoriale unilaterale 

Come anticipato, l'art. 2103, c. 8, c.c. qualifica il trasfer...

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