Dottrina / Riviste

Quiet firing: quando si viene licenziati senza licenziamento?

27 Dicembre 2022 |
Nell'urgenza definitoria degli ultimi mesi, molti fenomeni già noti al mondo del lavoro hanno visto nuovo lustro nel dibattito fra specialisti delle risorse umane. Si è dapprima parlato di great resignation, successivamente di quiet quitting e nelle ultime settimane sta suscitando attenzione il quiet firing. Sembrerebbe, infatti, che il mondo del lavoro anglosassone stia scavando più a fondo andando oltre alle dimissioni del personale per ritrovare nell'atteggiamento datoriale la ragione ultima della fuga del personale. Di qui la transizione terminologica da quiet quitting a quiet firing.
Sommario
Il fenomeno

È buona cosa dare attenzione ai fenomeni, ma è ancor più cosa buona tentare di trovarne la fonte. Indubbiamente è ciò che sta avvenendo nel dibattito in materia di HR nel mondo anglosassone, laddove nell'ultimo anno si è assistito a una progressiva “elaborazione collettiva” di un problema evidentemente latente da molto più tempo. Infatti, muovendo dall'analisi della great resignation, la nozione di dimissioni è progressivamente maturata e ampliata sino a ricomprendervi anche la figura del quiet quitter: cioè di chi – pur formalmente impiegato – rimane improduttivo in azienda.

Ebbene, nelle correnti settimane ci si sta interrogando sul significato da assegnare al fenomeno delle dimissioni sperimentate nella presente congiuntura economica e fino a che punto queste possano essere definite tali.

In tale ottica il quiet firing descrive quella prassi, mediante la quale il datore induce il dipendente a dimettersi, ponendo in essere una condotta progressivamente sempre più marginalizzante ed escludente dall'ambiente di lavoro. Il cosiddetto licenziamento silenzioso rappresenta una pratica diffusa da anni, caratterizzata dal comportamento del datore o di un suo sottoposto che...

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