Dottrina / Schede d'autore

Zone franche doganali

17 Febbraio 2022 |
Nelle convenzioni doganali internazionali con l'espressione “zona franca” si fa riferimento non tanto a un regime doganale, quanto a un paradigma cui si devono conformare istituti di antiche tradizioni. Funzione di questi istituti è quella di agevolare e incentivare gli scambi commerciali in determinate aree, accordando benefici fiscali alle merci ivi introdotte. Questi istituti assumono storicamente denominazioni diverse. Esaminiamo le zone franche descritte nel codice doganale dell'Unione.
Sommario
Inquadramento

Porti franchi, punti franchi e depositi franchi sono tutti strumenti di attuazione di un medesimo schema: quello dell'introduzione di merce estera in una parte di un territorio doganale concretamente individuata ed interclusa che, per convenzione, è assimilata ad un territorio extra doganale; in tal senso è definita, appunto, franca rispetto al territorio doganale di riferimento; con la conseguenza che la merce estera in essa introdotta, per la durata della sua giacenza, non viene assoggettata a diritti doganali.

Ciò che contraddistingue una zona franca da un territorio extra doganale è il fatto che la zona franca è parte integrante di un territorio doganale, sebbene interclusa in esso; mentre i territori extra doganali sono esterni ad esso e non ne costituiscono parte. Per ogni zona franca, qualunque sia la sua estensione territoriale e qualunque sia la sua denominazione (porto franco, zona portuale franca, deposito franco), «lo Stato membro stabilisce l'area interessata e i punti di entrata e di uscita» e ne dà comunicazione alla Commissione» (art. 243 c. 1, § 2 Reg. UE n. 952/2013, codice doganale dell'Unione, CDU 2013).

La vigilanza doganale è esercitata lu...

Contenuto riservato agli abbonati.
Vuoi consultarlo integralmente?

Sei un abbonato

Non sei un abbonato

Se vuoi maggiori informazioni contatta il tuo agente di zona