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Interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente

29 Gennaio 2024 |
Renato Portale

Non sempre nell'ambito dell'edilizia è agevole differenziare le opere appartenenti a tipologie diverse, in particolare quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria e quelle di restauro e risanamento conservativo. Analizziamo, attraverso una serie di esempi pratici e di chiarimenti della prassi, l'ambito applicativo dell'aliquota IVA ridotta del 10%.

Introduzione

Nel 1978 il legislatore ha introdotto una serie di disposizioni dirette a favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente nei centri storici in stato di degrado.

Con il passare del tempo le norme sono cambiate ed oggi sono vigenti le seguenti agevolazioni in materia di IVA, con l'aliquota ridotta del 10% che si applica:

  • negli interventi di recupero “inferiore”, ossia nei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui all'art. 31 lett. a e b L. 457/78 con un calcolo differenziato in presenza di impiego di beni significativi;
  • nelle prestazioni di servizi aventi a oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art. 31 c. 1 lett. b L. 457/78 sugli edifici di edilizia residenziale pubblica (voce 127-duodecies della tabella A parte III Decreto IVA);
  • nei contratti d'appalto nonché negli acquisti di beni finiti (escluse materie prime e semilavorati) impiegati negli interventi di recupero “superiore” di cui alle lett. c), d) ed e) della sopra citata L. 457/78 (restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione urbanistica dei centri abitati) ai sensi delle voci 127-terdecies e 127-quaterdecies della tabella A parte III Decreto IVA, prescindendo dalla tipologia dell'immobile. La Risp. AE 30 settembre 2021 n. 636 ha riepilogato quali caratteristiche deve possedere il bene finito per beneficiare dell'aliquota ridotta di cui alla citata voce 127-terdecies ossia: i) la funzionalità del bene rispetto alla costruzione/ristrutturazione dell'opera principale (essere utile ai fini del completamento dell'opera); ii) l'essere il bene stesso parte integrante dell'infrastruttura/edificio, anche se indipendente da esso (il bene, cioè, deve incorporarsi nei fabbricati, senza perdere la propria individualità, costituendone elemento strutturale come espressamente riconosciuto dalla Ris. Min. 6 dicembre 1989 n. 550439); iii) la necessità di consistenti lavori edili specifici per la sua installazione (Ris. Min. 6 dicembre 1989 n. 550439);
  • nelle cessioni “a valle” di fabbricati o porzioni di fabbricati sui quali sono stati eseguiti gli stessi interventi di recupero “superiore” di cui al precedente punto, ceduti dalle imprese che hanno effettuato o fatto effettuare gli interventi di restauro, risanamento o ristrutturazione edilizia (voce 127-quinquiesdecies della tabella A parte III Decreto IVA).

Il DL 90/90, all'art. 3 c. 11, ha chiarito che l'aliquota dell'IVA agevolata deve intendersi applicabile anche se le opere sono realizzate al di fuori dell'ambito urbano e va applicata anche agli interventi di recupero effettuati sulle stesse opere. La Cass. SU 29 ottobre 2007 n. 22641 ha stabilito che la disposizione di favore interpretata dal DL n. 90 del 1990 si riferisce comunque e unicamente alle aree destinate ad accogliere centri abitativi anche se realizzati «al di fuori dell'ambito urbano». Pertanto, l'applicabilità dell'agevolazione previste dall'art. 31 L. 457/78, presuppone che, anche se le opere non siano effettuate nell'ambito propriamente urbano, devono conservare comunque la loro caratteristica di opere al servizio di un tessuto urbano. L'agevolazione, pertanto, non si applica quando l'area interessata dalle opere sia qualificata come «area P.I.P.» destinata a insediamenti produttivi se non venga acclarata la condizione che le opere siano poste al servizio di un “tessuto urbano” (Cass. 14 ottobre 2021 n. 27956).

Definizione degli interventi

L'art. 31 L. 457/78 definisce gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente distinguendoli con una lettera alfabetica da a) a e). Non sempre è agevole differenziare le opere appartenenti a tipologie diverse, in particolare quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria e quelle di restauro e risanamento conservativo. È opportuno, quindi, munirsi di un valido supporto tecnico, quali ad esempio i regolamenti comunali, anche se taluni documenti di prassi hanno fornito determinate indicazioni.

Manutenzione ordinaria (lettera a)

Sono gli interventi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (art. 31 lett. a L. 457/78). Rientrano in questa categoria di intervento: 1) la sostituzione dei pavimenti, dei rivestimenti e dei sanitari; 2) la pittura di pareti, il rifacimento o la riparazione di intonaci; 3) il rifacimento o riparazione degli impianti elettrici, idrici, termici, fognanti, del gas o antincendio; 4) la impermeabilizzazione delle coperture e la tinteggiatura esterna senza mutamenti di colore; 5) le prestazioni di manutenzione obbligatoria previste per gli impianti elevatori e per quelli di riscaldamento, consistenti in verifiche periodiche e nel ripristino della funzionalità in caso di guasti (Circ. Min. 24 febbraio 1998 n. 57/E).

Manutenzione straordinaria (lettera b)

Sono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso (art. 31 lett. b L. 457/78, trasfuso nell'art. 3 lett. b DPR 380/2001).

Sono considerati interventi di manutenzione straordinaria: 1) il rifacimento o la riparazione del tegolato del tetto o della copertura; 2) la sostituzione del tavolato e delle travi in legno del tetto; 3) il rifacimento degli infissi, sia interni che esterni; 4) la sostituzione o la riparazione dell'ascensore e dei macchinari relativi; 5) il rifacimento o la riparazione delle colonne di scarico delle acque pluviali della copertura; 6) la sostituzione dei singoli macchinari; 7) l'installazione di apparecchiature speciali che abbiano le caratteristiche di migliorare la sicurezza, il funzionamento e l'utilizzo dell'impianto stesso.

In buona sostanza rientrano in questa categoria gli interventi che corrispondono al criterio dell'innovazione nel rispetto dell'immobile esistente (Circ. Min. 24 febbraio 1998 n. 57/E).

Ai sensi dell'art. 17 DL 133/2014 (cd. decreto sbocca Italia) tra gli interventi di manutenzione straordinaria sono compresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportano la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso.

Per effetto dell'art. 26 c. 1 L. 10/91, rientrano nell'ambito della manutenzione straordinaria anche gli interventi di utilizzo delle fonti di energia in edifici e impianti industriali.

Ai sensi dell'art. 10 DL 76/2020 gli interventi di manutenzione straordinaria ricomprendono anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l'agibilità dell'edificio o per l'accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell'edificio, purché l'intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili vincolati, ai sensi del D.Lgs. 42/2004.

Restauro e risanamento conservativo (lettera c)

Sono gli interventi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi estranei all'organismo edilizio (art. 31 lett. c L. 457/78). Gli interventi di restauro più comuni sono i seguenti: 1) il consolidamento delle fondazioni; 2) la sostituzione di parti di muratura; 3) la realizzazione di nuovi impianti (compreso ascensore); 4) la realizzazione di nuovi servizi igienici e/o modifica e ampliamento di quelli esistenti; 5) le variazioni distributive interne non strutturali; 6) l'inserimento parziale di elementi strutturali per il consolidamento statico della costruzione (putrelle, catene, sottofondazioni, reti metalliche, ecc.); 7) la sostituzione della struttura del tetto senza alterazione delle linee di falda e di colmo; 8) il risanamento dell'umidità mediante taglio di muri; 9) leggere modifiche delle aperture esterne nel rispetto della composizione dei vuoti preesistenti. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso e l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio (Circ. AE 28 giugno 2013 n. 22/E).

Ristrutturazione edilizia (lettera d)

Sono gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e impianti (art. 31 lett. d L. 457/78). Costituiscono opere di ristrutturazione edilizia: 1) la demolizione di parti strutturali dell'edificio e l'inserimento di nuovi elementi; 2) la demolizione dei solai e la realizzazione di nuovi solai; 3) la realizzazione di nuove aperture nei prospetti e l'eliminazione di aperture esistenti; 4) la completa riorganizzazione degli spazi interni, rispettando il volume esistente con demolizione e ricostruzione anche di parti strutturali.

Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica (Circ. AE 28 giugno 2013 n. 22/E). Tuttavia il DL 69/2013 ha soppresso le parole “e sagoma”, sicché nelle ristrutturazioni edilizie rientrino anche gli interventi di ricostruzione di un edificio con lo stesso volume di quello demolito, ma con una sagoma differente.

Il DL 76/2020 ha nuovamente ampliato la definizione di ristrutturazione edilizia ricomprendendo anche gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può anche prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.

Ristrutturazione urbanistica dei centri abitati (lettera e)

Sono gli interventi rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale (art. 31 lett.e L. 457/78). Costituisce ristrutturazione urbanistica la demolizione dei fabbricati esistenti e la successiva ricostruzione di un nuovo fabbricato purché rientri in una ristrutturazione urbana anche se la destinazione è diversa, come ad esempio una ex fabbrica che viene abbattuta totalmente e ricostruita ad uso uffici o un fabbricato industriale abbattuto completamente e ricostruito in un immobile adibito ad albergo con ristorazione, sala convegni, autorimesse, uffici e negozi.

L'elemento caratterizzante la ristrutturazione urbanistica è la sostituzione dell'esistente tessuto urbanistico edilizio, sostituzione che implica la necessità di eliminare alcune strutture edilizie esistenti per realizzarne - al loro posto - altre, anche di diversa configurazione e tipologia. Pertanto, secondo la Ris. Min. 18 febbraio 1992 n. 431302, la realizzazione di costruzioni nuove, previa demolizione di strutture fatiscenti, non esclude che tali interventi concretizzino una ristrutturazione urbanistica così come definita dall'art. 31 lett. e L. 457/78.

Attenzione a… Manutenzione ordinaria e straordinaria su edifici abitativi privati

L'art. 7 c. 1 lett. b) L. 488/99 ha ripristinato l'aliquota ridotta del 10% per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria previsti dall'art. 31 c. 1 lett. a e b L. 457/78, purché eseguiti su immobili a prevalente destinazione abitativa privata.

Restano, pertanto, esclusi dall'agevolazione e scontano l'aliquota ordinaria, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti su fabbricati accatastati come uffici e negozi anche se di fatto adibiti ad abitazione privata, nonché gli interventi su interi fabbricati in cui le parti accatastate come abitazione siano inferiore al 50% dell'intero immobile.

L'applicazione dell'aliquota del 10% spetta non soltanto in caso di contratto di appalto ma anche per le forniture di beni con posa in opera, a condizione che i suddetti beni vengano forniti dallo stesso soggetto che esegue la prestazione. Se i beni sono forniti da un soggetto diverso o se vengono acquistati direttamente dal committente dei lavori si applica l'aliquota ordinaria.

L'aliquota agevolata non si applica alle prestazioni rese da professionisti (architetti, ingegneri, geometri, ecc.), in quanto esulano dalla ratio complessiva della direttiva comunitaria indirizzata ad agevolare solo le prestazioni con prevalente impiego di “manodopera” e non anche le prestazioni professionali.

Con specifico riferimento agli ascensori, la Risp. AE 24 luglio 2019 n. 18 ha chiarito che beneficiano dell'aliquota al 10% le verifiche periodiche sugli impianti elevatori installati in fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, in quanto obbligatorie ai sensi degli artt. 13 e 14 DPR 162/99.

La successiva Risp. AE 9 novembre 2020 n. 11 ha ulteriormente precisato che rientrano nell'aliquota agevolata anche le verifiche periodiche sugli impianti elettrici di messa a terra, sui dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e sugli impianti elettrici pericolosi, in quanto obbligatorie ai sensi degli artt. 4 e 6 DPR 462/2001.

Secondo la Corte di giustizia UE, una normativa nazionale può sì prevedere l'applicazione di un'aliquota ridotta IVA ai servizi di riparazione e ristrutturazione di abitazioni private a condizione però che l'abitazione interessata sia effettivamente utilizzata a fini abitativi alla data in cui tali operazioni hanno luogo. Secondo i Giudici, infatti: i) un immobile che, pur beneficiando dell'autorizzazione per uso abitativo, non è effettivamente utilizzato a tale scopo alla data in cui vengono effettuati i servizi di ristrutturazione o riparazione, non può beneficiare dell'aliquota IVA ridotta; ii) far rientrare nel beneficio solo i servizi di ristrutturazione e di riparazione che riguardano beni effettivamente abitati alla data di realizzazione dei lavori è coerente con le finalità perseguite dall'adozione dell'aliquota ridotta, che mira a favorire il consumatore che abita effettivamente nell'immobile oggetto dei lavori e che non ha diritto a detrarre l'IVA a monte. Va comunque determinato che affinché un immobile sia effettivamente abitato, non è necessario che esso sia occupato durante lo svolgimento dei lavori da persone che vi soggiornano stabilmente o meno. Da un lato, l'effettiva destinazione ad uso abitativo non viene modificata dal fatto che l'immobile venga utilizzato solo in determinati periodi dell'anno. D'altro lato, il fatto che un'abitazione privata sia inutilizzata per un certo periodo non modifica il suo carattere di abitazione privata (Corte UE, causa C-433/22, HPA Construções SA sentenza dell'11 gennaio 2024).

Beni significativi negli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria

L'art. 7 c. 1 lett. b) L. 488/99 stabilisce che l'aliquota del 10% si applica sul corrispettivo riferito all'impiego di mano d'opera e alla contemporanea fornitura di materie prime e semilavorate che non costituiscano parte significativa nell'intero intervento. Come esemplificato nella Circ. AE 29 dicembre 1999 n. 247/E, se nei lavori vengono impiegati “beni significativi” individuati nel DM 29 dicembre 1999, anche per tali beni significativi si applica l'aliquota ridotta ma solo “fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all'intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni”. Pertanto:

■ se per i lavori, oltre la manodopera, vengono fatturati unicamente beni che non sono qualificati tra quelli significativi (ad esempio, impiego di piastrelle nella sostituzione del pavimento), nonché beni significativi per un ammontare inferiore al 50% dell'intero corrispettivo, tutto il compenso della fornitura/prestazione è soggetto all'aliquota ridotta del 10%;

■ se invece nell'intervento vengono utilizzati “beni significativi” per un ammontare superiore al 50% dell'intera prestazione, il calcolo si fa più complesso in quanto:

- il 10% si applica sul costo della manodopera più (+) il costo dei beni non significativi più (+) una quota parte dei beni significativi utilizzati nell'intervento fino a concorrenza della differenza tra il valore complessivo dell'intervento di recupero e quello dei beni significativi, mentre

- l'aliquota IVA ordinaria si applica sulla quota residua dei beni significativi, individuati specificatamente dal DM 29 dicembre 1999.

Beni significativi (DM 29 dicembre 1999)

— ascensori e montacarichi

— infissi esterni e interni

— caldaie

— videocitofoni

— apparecchiature di condizionamento e riciclo dell'aria

— sanitari e rubinetterie da bagno

— impianti di sicurezza

Secondo quanto riportato nella richiamata Circ. AE 29 dicembre 1999 n. 247/E e nella Circ. AE 12 luglio 2018 n. 15/E, l'elenco contenuto nel DM 29 dicembre 1999 è tassativo, ma sono classificabili come beni significativi anche quelli aventi le medesime funzionalità dei beni menzionati nel decreto, ma diversa denominazione.

Poiché in passato tutta una serie di interpretazioni avevano dato luogo a diverse incertezze, in particolare per i componenti e le parti staccate dei beni significativi, la L. 205/2017 (Legge di bilancio 2018) è intervenuta fornendo l'interpretazione autentica delle norme, specificando che:

  • le parti staccate solo se sono funzionali al manufatto principale, costituiscono “beni significativi” e vanno conteggiate tra questi nel calcolo dell'aliquota IVA applicabile;
  • come valore dei predetti beni deve essere assunto quello risultante dall'accordo contrattuale stipulato dalle parti contraenti.

Per determinare il valore dei beni significativi ai fini del calcolo dell'aliquota, occorre distinguere le seguenti fattispecie:

- se il bene significativo è prodotto dal prestatore stesso, il valore del bene è costituito dal relativo costo di produzione, comprensivo degli oneri che concorrono alla realizzazione del medesimo bene, e assumono rilevanza anche i costi indiretti (c.d. costi generali di produzione), ad esclusione dei costi generali e amministrativi e dei costi di distribuzione dei prodotti;

- se il fornitore dei beni significativi è un'impresa individuale, il valore della manodopera impiegata può essere determinato tenendo conto della remunerazione del titolare dell'impresa;

- se il fornitore non produce il bene significativo, il valore del bene non può essere inferiore al suo valore di acquisto.

In tutti i casi è necessario escludere dal valore dei beni significativi il c.d. mark-up.

Esempi e casi pratici

1ª Ipotesi) Beni significativi impiegati con valore inferiore al 50% del corrispettivo riferito all'intero intervento.

Esempio

Viene eseguito un intervento di manutenzione straordinaria sull'impianto di riscaldamento con sostituzione della caldaia e rifacimento bagno per un importo totale complessivo di € 10.000, di cui: A) caldaia, sanitari e rubinetteria € 4.000; B) mano d'opera e materie prime impiegate (collanti, maioliche ecc.) € 6.000

Si applica l'aliquota del 10% sull'intero compenso di € 10.000, in quanto i beni significativi sono di valore inferiore al 50% dell'intero intervento.

Totale complessivo della fattura pari a 11.000 (10.000 imponibile + 1.000 di IVA al 10%)

2ª Ipotesi) Beni significativi impiegati con valore superiore al 50% del corrispettivo riferito all'intero intervento.

Esempio

Viene eseguito un intervento di manutenzione straordinaria sull'impianto di riscaldamento con sostituzione della caldaia e rifacimento bagno per un importo totale complessivo di € 10.000, di cui: A) caldaia, sanitari e rubinetteria (beni significativi) € 6.000; B) mano d'opera € 2.000; C) materie prime impiegate (beni non significativi, come collanti, maioliche ecc.) € 2.000.

Le aliquote vanno calcolate come segue:

- IVA 10% su € 8.000, ossia su € 4.000 per mano d'opera e materie prime impiegate (+) € 4.000, pari alla differenza tra € 10.000 (valore complessivo dell'opera) ed € 6.000 (valore dei beni significativi);

- IVA ordinaria (in ipotesi 22%) su € 2.000, ossia sulla quota residua del valore dei beni significativi, pari a € 6.000 - € 4.000 (valore assoggettato al 10%).

Totale complessivo della fattura pari a € 11.240 (10.000 imponibile + 1.240 IVA di cui € 800 al 10% e € 440 al 22%)