01/08/2022 | Paolo Patrizio
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 28 luglio 2022, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale ammonisce il legislatore ad estendere la portata delle norme di tutela contro gli infortuni domestici.
Fonte: QuotidianoPiù
Il caso di specie
La questione posta al vaglio della Consulta trae origine da un ricorso depositato presso il Tribunale di Vallo della Lucania, sez. lavoro, e finalizzato all'ottenimento della condanna dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) alla corresponsione della rendita da infortunio e dell'assegno funerario, in conseguenza del decesso di un soggetto titolare di assicurazione (L. 493/99), verificatosi all'esito di un grave incidente domestico occorso presso l'abitazione dei genitori.
Il Giudice di primo grado aveva respinto il ricorso, aderendo alla tesi sostenuta dall'INAIL che affermava la non operatività della copertura assicurativa di cui alla L. 493/99 in quanto l'infortunio era intervenuto in un ambito spaziale diverso da quello in cui viveva e dimorava il nucleo familiare dell'assicurata.
La Corte d'appello di Salerno, investita del gravame, con Ordinanza del 26 novembre 2021, decideva, pertanto, di sollevare questioni di legittimità costituzionale in merito alla formulazione dell'art. 6, c. 2 lett. b), L. 493/99, contenente le norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici.
In particolare, i Giudici rimettenti censuravano la parte della disposizione limitativa del c.d. “ambito domestico” (quale cornice all'interno della quale opera l'assicurazione per chi svolge, senza vincolo di subordinazione ed a titolo gratuito, attività finalizzate alla cura delle persone e dell'ambiente domestico) al solo “insieme degli immobili di civile abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare dell'assicurato”, ivi incluse le eventuali “parti comuni condominiali”, senza inclusione degli altri immobili di civile abitazione nei quali le suddette attività vengano prestate in favore di stretti familiari non conviventi per quanto bisognosi di assistenza domestica.
La soluzione della Corte Costituzionale
Punto di partenza dell'analisi della Corte è l'iscrizione della L. 493/99 all'interno della cornice di progressivo superamento della dualità tra lavoro domestico e lavoro extradomestico, grazie alla voluntas legis di istituire una forma assicurativa obbligatoria per la tutela dal rischio infortunistico, con il riconoscimento della invalidità permanente derivante dal lavoro svolto in ambito domestico, così sottratto al principio dell'automaticità della protezione, destinato, invece, a valere per tutti gli altri lavoratori, soggetti alla generale tutela previdenziale di cui DPR 1124/65 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
Siamo, dunque, all'interno di una “solidarietà di categoria”, in cui gli eventi coperti da garanzia assicurativa non ricomprendono tutti gli incidenti che si verificano negli ordinari luoghi di vita del soggetto assicurato, ma solo quelli che derivano «dal lavoro svolto in ambito domestico», nel riconosciuto valore sociale ed economico della prestazione.
Ecco allora che l'art. 6 L. 493/99, dopo aver previsto, al c. 1, che lo «Stato riconosce e tutela il lavoro svolto in ambito domestico, affermandone il valore sociale ed economico connesso agli indiscutibili vantaggi che da tale attività trae l'intera collettività», affida alle successive proposizioni, contenute al c. 2, rispettivamente lett. a) e b), la definizione del lavoro domestico e la tipizzazione del rischio assicurato.
Il legislatore, infatti, dopo aver precisato, all'art. 6, c. 2 lett. a), L. 493/99, che per «lavoro svolto in ambito domestico» si intende l'insieme delle attività prestate «senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone e dell'ambiente domestico», individua, alla successiva lettera b), l'«ambito domestico» come l'«insieme degli immobili di civile abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare dell'assicurato» ivi incluse le eventuali «parti comuni condominiali».
Senonchè, l'ordinanza di rimessione, nel raffronto tra la situazione denunciata e i rilievi di illegittimità costituzionale svolti, propone due distinti piani di scrutinio: l'uno, segnato dal riconoscimento di uno strumento assicurativo a tutela di posizioni previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e l'altro, che si collega al welfare statale, contraddistinto dalla creazione di una rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici, anche fiscali, a sostegno dei cittadini che, impegnati in favore delle persone inabili e non autosufficienti, vengono in tal modo sollevati dalla stringente quotidianità di cura dell'altro bisognoso.
Tuttavia, il carattere autonomo delle due prospettive di tutela, che pure potrebbero presentare profili convergenti, non consente alla Corte Costituzionale l'individuazione di una soluzione diretta ad alterare l'intero sistema assicurativo introdotto dalla L. 493/99, che si presenta, per i contenuti e le finalità sue proprie, del tutto compiuto.
Tale normativa, invero, disvela la propria appartenenza al piano delle tutele previdenziali, per un meccanismo diretto a precostituire i mezzi necessari a soddisfare bisogni futuri del prestatore di lavoro, sia pure sui generis in quanto gratuito e senza vincolo di subordinazione.
Il dubbio di legittimità costituzionale della rimettente oggettivamente coinvolge, invece, il diverso settore segnato da esigenze assistenziali e solidaristiche che rinvengono soddisfazione nelle politiche del welfare nazionale, intese come complesso di iniziative statali e pubbliche, in genere volte a tutelare il benessere della popolazione al fine di migliorarne la vita lavorativa e privata, garantendo l'accesso alla fruizione dei servizi pubblici essenziali.
Ciò non consente, dunque, di coniugare lo strumento assicurativo di cui alla L. 493/99 con il più ampio individuato contesto della disciplina dell'indennizzo assicurativo, che amplierebbe le categorie dei destinatari implicando scelte discrezionali precluse alla Corte, oltre a comportare l'incremento del premio versato in una misura che avrebbe l'effetto di scardinare gli equilibri tra entrate ed uscite in un sistema guidato, nella gestione finanziaria, dall'applicazione del metodo della capitalizzazione dei contributi.
Il monito della Corte Costituzionale
La molteplicità delle soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili, dunque, non può che comportare la declaratoria di inammissibilità del sollecitato intervento della Corte, dovendo invece ricadere sul legislatore la scelta dei mezzi più idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente necessario (in senso conforme si veda sentenza C.Cost. 12 luglio 2021 n. 151) mediante una «revisione organica della materia in esame» nella composizione della pluralità degli interessi in gioco, altrimenti affidata a scelte “eccessivamente manipolative” di questa Corte, destinate ad incidere sulla stessa funzionalità dell'assetto previsto dalla norma, con conseguenti disarmonie di sistema.
Ciò non toglie, conclude la Corte, come la doverosa attenzione e sensibilità ai temi della solidarietà e dell'aiuto rispetto a posizioni di bisogno segnalati dalla ordinanza di rimessione in una diversa prospettiva di valutazione, comportino la necessità di operare un forte richiamo al legislatore, affinché la rete sociale sia rinsaldata attraverso l'individuazione dei più idonei strumenti e delle più adeguate modalità di fruizione delle prestazioni in esame.