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Norme procedurali nazionali: criteri per valutare la conformità al diritto UE


10/03/2022 | Fabrizio Pacchiarotti

Le norme procedurali che disciplinano i ricorsi contro i provvedimenti di diniego alla detrazione IVA, pur riservate alla competenza degli Stati membri, non sono del tutto escluse dal sindacato della Corte di Giustizia. Ribaditi i criteri per valutare la compatibilità con il diritto eurounitario delle discipline interne sui ricorsi per garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai contribuenti in forza di norme UE (C. Giust. UE 24 febbraio 2022 C-582/20).

Nel decidere la Causa C-582/20, la Corte di giustizia ha ribadito i criteri per valutare la compatibilità con il diritto eurounitario delle norme nazionali che stabiliscono la disciplina dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai contribuenti in forza delle norme di diritto dell'Unione Europea.

Il caso di specie

A seguito della scoperta di una frode IVA da parte della competente procura, l'Agenzia nazionale dell'amministrazione tributaria rumena ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di Cridar, una società stabilita in Romania, negandole con effetto immediato il diritto alla detrazione dell'IVA in relazione alle operazioni di acquisto effettuate presso talune società indicate dalla suddetta procura, sospettandone il coinvolgimento sulla base di taluni elementi fattuali.

La società ha quindi tempestivamente presentato un reclamo alla competente Direzione Regionale di Cluj. Secondo la normativa rumena, la presentazione del reclamo e la sua decisione nel merito da parte dell'amministrazione tributaria sono condizioni necessarie per adire la competente autorità giudiziaria. La proposizione del reclamo non sospende l'efficacia dell'avviso di accertamento.

Tuttavia, la Direzione Regionale di Cluj ha respinto il reclamo di Cridar, avvalendosi della possibilità di non pronunciarsi sul merito del reclamo, finché il parallelo procedimento penale non definisca se le operazioni sospette siano (o meno) effettive.

La decisione della Direzione Regionale è stata quindi impugnata in sede giurisdizionale da Cridar, che ha chiesto la condanna dell'Amministrazione tributaria a pronunciarsi sul merito. Soccombente avanti la Corte di Appello, la società ha poi proposto ricorso per cassazione, lamentando come la normativa rumena di fatto pone una condizione supplementare per il riconoscimento del diritto alla detrazione IVA: vale a dire la conferma, in sede penale, della realtà effettiva delle operazioni di cui trattasi, condizione invero non richiesta dal diritto eurounitario.

A fronte di tale censura, la Corte di cassazione rumena ha sospeso il giudizio, sollevando due questioni pregiudiziali innanzi alla Corte di Giustizia:

- nella prima, viene chiesto se la normativa rumena che consente all'amministrazione tributaria di sospendere la pronuncia sul reclamo fintantoché non viene definito il parallelo procedimento penale sia compatibile con la direttiva IVA e con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali UE (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);

- nella seconda viene chiesto se la risposta alla prima questione possa essere diversa ove, durante la sospensione della pronuncia sul reclamo amministrativo, il contribuente benefici di una sospensione del diniego alla detrazione.

La decisione della Corte di Giustizia

In primo luogo la Corte conferma che il diritto alla detrazione dell'IVA dovuta o assolta a monte sugli acquisti è un principio fondamentale del sistema IVA, che può essere negato ai soggetti passivi che commettono una frode o ai soggetti che sapevano o avrebbero dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipavano a un'operazione che si inscriveva nell'ambito di tale frode.

Spetta alle autorità fiscali nazionali provare i presupposti del diniego di detrazione, sulla base delle norme in materia di prove stabilite dai legislatori domestici, pur sempre nel rispetto dei diritti garantiti dall'ordinamento dell'Unione Europea.

A tal riguardo la Corte coglie l'occasione per precisare che è compatibile con l'ordinamento UE una disciplina probatoria che consenta;

  • all'amministrazione di avvalersi di prove ottenute nell'ambito di un procedimento penale;
  • di sospendere il procedimento amministrativo, anche nella fase d'esame del reclamo proposto avverso il diniego alla detrazione, al fine di evitare decisioni contrastanti o per consentire la raccolta di prove supplementari da usare ai fini dell'esame del reclamo.

La Corte di Giustizia è comunque ferma nel ribadire, in continuità con la sua precedente giurisprudenza (sentenza Ferimet, C.Giust. UE 11 novembre 2021 C-281/20, punto 52), che il diritto alla detrazione non può essere negato sulla base di supposizioni o sospetti non suffragati.

Presupponendo che nel caso di specie il diniego alla detrazione non sia stato adottato sulla base di semplici sospetti ed entrando nel merito della questione sottopostale, la Corte di Giustizia afferma che la disciplina dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai contribuenti dalle norme UE (come il diritto alla detrazione dell'IVA), pur spettando agli Stati membri, deve comunque essere esercitata in modo compatibile con il diritto eurounitario.

Gli Stati membri devono infatti garantire che detti ricorsi:

(i) non siano disciplinati in maniera meno favorevole rispetto ai ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza);

(ii) non siano disciplinati così da rendere praticamente impossibile, o eccessivamente difficile, l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'UE (principio di effettività);

(iii) siano trattati in maniera imparziale;

(iv) siano trattati entro un termine ragionevole.

In particolare, l'esistenza di un termine ragionevole non è incompatibile con la possibilità, per l'Amministrazione, di sospendere la decisione su un reclamo amministrativo avverso un diniego di detrazione dell'IVA fino a che non sia definito il parallelo procedimento penale, purché tale sospensione al contempo:

a) non vada oltre un termine ragionevole;

b) sia adottata con provvedimento motivato e impugnabile innanzi all'autorità giudiziaria per un controllo sulla legittimità della decisione di sospensione.

Il diritto al ricorso effettivo avanti a un giudice imparziale avente ad oggetto il merito del diniego può, quindi, essere rinviato a un momento posteriore allo scadere del termine (ragionevole) del periodo di sospensione.

Chiaramente, laddove il diniego risultasse poi infondato il soggetto passivo avrebbe il diritto al rimborso dell'IVA che non ha potuto portare in detrazione entro un termine ragionevole, oltre che dei relativi interessi di mora.

Se tutti i requisiti delineati sono soddisfatti, allora non è necessaria la sospensione dell'esecuzione del diniego durante il periodo di sospensione sulla pronuncia del reclamo, salvo sussistano dubbi circa la legittimità del diniego medesimo.

Nonostante l'argomentazione della sentenza sia condivisibile, desta però perplessità la circostanza che la Corte di Giustizia non abbia definito con maggior precisione che cosa debba intendersi per “termine ragionevole” di durata della sospensione, non offrendo spunti interpretativi per una quantificazione anche solo di massima della stessa (6 mesi? 1 anno?), e astenendosi altresì dal fornire elementi per guidare l'interprete in una siffatta valutazione.

C. Giust. UE 24 febbraio 2022 C-582/20