14/11/2023 | La Redazione
La decisione della Suprema Corte riguarda l'opposizione allo stato passivo proposta da una società che aveva insinuato nel passivo del fallimento di una s.r.l. il proprio credito per forniture di merci eseguite. La creditrice era socia della s.r.l. stessa e accettava sistematicamente dilazioni di pagamento abnormi, assai superiori alle prassi di mercato.
Il Giudice Delegato e il Tribunale avevano respinto la pretesa sostenendo che in realtà il meccanismo instaurato tra la fornitrice e la s.r.l. equivaleva a un finanziamento soci sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 2467 c.c. unito al fatto che la s.r.l. versava in condizioni di squilibrio patrimoniale e finanziario.
Il Tribunale, sulla scorta degli esiti della CTU disposta nel giudizio di opposizione, aveva rilevato che l'indice di indebitamento della fallita si attestava su valori ampiamente superiori ai limiti previsti, mentre, ove si fosse qualificato il credito verso la fallita come versamento in conto capitale, l'indice sarebbe tornato nella norma.
La creditrice ricorreva allora in Cassazione con ricorso incentrato sul fatto che il Tribunale avrebbe errato nel qualificare la fattispecie descritta come finanziamento soci postergato ex art. 2467 c.c., ritenendo, invece, che sarebbero rilevanti ai fini della norma citata solo gli apporti di denaro diretti o indiretti con obbligo di rimborso.
La Cassazione, ricordando che nel diritto vigente non esiste una definizione unica di “finanziamento” e che lo stesso non può essere ridotto a mero “contratto di credito”, ha evidenziato che, ai fini dell'applicazione dell'art. 2467 c.c., la nozione di finanziamento soci “effettuato in qualsiasi forma” a favore della società non comprende solo i contratti di credito e che è rilevante, invece, ogni atto che comporti attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo di una sua futura restituzione indipendentemente dalla modalità di conferimento/versamento scelta.
Nel caso di specie la fornitura di merci effettuata in via esclusiva e di lungo corso può, quindi, essere qualificata ex art. 2467 c.c. poiché non pagare sistematicamente un debito scaduto o saldarlo costantemente con ritardi abnormi è difforme da qualsiasi prassi commerciale. Tale sistema consente inoltre al debitore di spostare liquidità su altre operazioni continuando a beneficiare delle forniture. Insomma, la s.r.l. si finanziava a tutti gli effetti “a spese” della socia fornitrice che proseguiva con regolarità nelle sue prestazioni.
Del resto, anche il comportamento della ricorrente era “innaturale” poiché, ritardi prolungati e abnormi nei pagamenti dovrebbero indurre ad azioni di recupero o, quanto meno, all'interruzione delle forniture in mancanza di un abbattimento consistente del debito nel frattempo accumulato.
La Cassazione condivide le valutazioni del Tribunale in ordine alla situazione di squilibrio finanziario previsto dall'art. 2467 c.c.: le agevolazioni concesse vengono dunque considerate come il mero “travestimento formale” di quello che sarebbe dovuto essere un apporto di nuovo capitale di rischio da parte dei soci. Il finanziamento peraltro è da considerarsi anomalo dal momento che un comune creditore sul mercato del credito non lo avrebbe concesso a quelle condizioni in ragione della difficile posizione economica della società.
Il ricorso viene quindi respinto e il decreto reso dal Tribunale nel giudizio di opposizione allo stato passivo resta confermato.