12/09/2023 | La Redazione
Il Garante Privacy, nella Newsletter dell'11 settembre 2023, afferma che il dipendente ha il diritto di accedere ai propri dati personali anche se sono contenuti nella relazione dell'agenzia investigativa incaricata dall'azienda di raccogliere informazioni sul suo conto.
Fonte: Quotidianopiù
All'interno della NL dell'11 settembre 2023, il Garante Privacy torna ad occuparsi del diritto, per i dipendenti, di accedere ai dati personali che vengono raccolti dal datore di lavoro. In particolare, nel caso di specie, entrano in gioco le informazioni raccolte da un'agenzia investigativa che ha agito per conto del datore di lavoro.
N.B. Si ricorda che il ricorso all'attività di investigatori è giustificato quando vi siano sospetti dell'azienda sul comportamento del lavoratore. Secondo la giurisprudenza, infatti, il datore di lavoro può controllare direttamente, mediante la propria organizzazione gerarchica o anche attraverso personale esterno (costituito da dipendenti di una agenzia investigativa) l'adempimento delle prestazioni lavorative. |
Il caso di specie
L'Autorità è intervenuta a seguito del reclamo di un dipendente che non riusciva ad ottenere completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali, avanzate dopo il ricevimento di una contestazione disciplinare nella quale erano contenuti puntuali riferimenti ad attività extra lavorative, cui era seguito il licenziamento.
Alle diverse istanze dell'interessato, l'azienda aveva risposto che le richieste erano "troppo generiche" ed era necessario indicare "nel dettaglio" le informazioni alle quali si chiedeva l'accesso.
Inoltre, solo a distanza di quasi un anno dalla prima richiesta e in occasione della costituzione dell'azienda nel giudizio di impugnazione del licenziamento, il dipendente era venuto a conoscenza dell'esistenza e del contenuto della relazione investigativa dalla quale erano stati tratti riferimenti specifici inseriti nella contestazione disciplinare.
Cosa prevede il GDPR per l'accesso ai dati?
L'interessato (nel caso di specie il lavoratore) ha diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e, in tal caso, di ottenere l'accesso a tali dati (artt. 12 e 15 GDPR).
La decisione del Garante: condanna per la società
Il Garante ha stabilito che l'azienda aveva l'obbligo di fornire al lavoratore tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, anche quelli che non erano stati trasferiti nella contestazione disciplinare (fotografie, una rilevazione Gps, descrizioni di luoghi, persone e situazioni), che avrebbero anche potuto essere utili per l'esercizio del diritto di difesa.
Inoltre l'azienda, nei riscontri forniti al lavoratore, non aveva fatto cenno alla relazione investigativa né motivato il diniego di accesso ai dati contenuti in questo documento, violando in tal modo anche il principio di correttezza.
L'Autorità quindi, ricordando che il titolare del trattamento è tenuto a fornire l'accesso ai dati personali dell'interessato in forma completa e aggiornata - indicando anche l'origine dei dati qualora non siano raccolti direttamente dal titolare del trattamento presso l'interessato - ha irrogato all'azienda una sanzione di € 10.000,00.