11/09/2023 | Alessandro Marchese
Con ordinanza del 20 agosto 2023, il Tribunale di Milano si è occupato di una vicenda di whistleblowing ed ha escluso l'applicazione della nuova disciplina di cui al D.Lgs. 24/2023 in favore della tradizionale tutela cautelare ex art. 700 c.p.c..
Fonte: Quotidianopiù
Il “whistleblower”, attraverso plurime segnalazioni, aveva informato l'azienda di trasporti datrice di lavoro circa l'esistenza di una truffa orchestrata da personale interno che si sostanziava nella stampa di titoli di viaggio non tracciati la cui successiva vendita portava all'incasso indebito da parte di tali soggetti. Dopo tali segnalazioni il dipendente, nei mesi successivi, è stato destinatario diverse iniziative, tra cui procedimenti disciplinari e relativi provvedimenti sanzionatori, nonché denunce penali. La normativa speciale applicata al rapporto di lavoro imponeva la preventiva impugnazione delle sanzioni dinanzi ad un apposito Consiglio di Disciplina previsto dal RD 148/31 per autoferrotranvieri. Esaurita tale speciale procedura, i provvedimenti venivano impugnati davanti al Tribunale di Milano.
Le motivazioni per l'inapplicabilità al caso della nuova normativa
Nel promuovere il giudizio, il lavoratore ricorrente richiedeva in primo luogo l'applicazione della nuova tutela introdotta dall'art. 19, c. 4, D.Lgs. 24/2023, che prevede l'adozione da parte del Giudice di ogni misura, anche provvisoria, volta ad assicurare la tutela del diritto violato, ivi compreso il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l'ordine di cessazione della condotta di carattere ritorsivo posta in essere e la dichiarazione di nullità di eventuali atti adottati con le medesime finalità ritorsive.
Come noto, la nuova normativa ha introdotto per tali casi una vera e propria presunzione atteso che, per accedere alla tutela prevista dal nuovo D.Lgs. 24/2023 è sufficiente che il soggetto segnalante dimostri il fatto di aver posto in essere una segnalazione in conformità alla normativa e di essere stato successivamente destinatario di un comportamento ritenuto ritorsivo senza avere l'onere di provare il nesso causale tra le due circostanze. Grava, invece, sul soggetto che ha posto in essere la condotta (anche omissiva) che si presume ritorsiva l'onere di provare che tale azione non è qualificabile come illegittima reazione alla segnalazione. Evidente, quindi, il vantaggio processuale del lavoratore ricorrente rispetto ad un normale procedimento cautelare nel quale invece egli sarebbe onerato di dimostrare il requisito del “periculum in mora”.
Tuttavia, tale nuova tutela non è stata ritenuta applicabile dal Tribunale di Milano al caso di specie in ragione del tempo di efficacia della legge: secondo il provvedimento del Tribunale, infatti, le disposizioni transitorie contenute nell'art. 24, c. 1, D.Lgs. 24/2023 rendono inammissibile la richiesta di tutela speciale azionata in via principale dal lavoratore. Tale norma prevede che tutte le disposizioni del decreto hanno effetto dal 15 luglio 2023, e con una deroga speciale dall'applicabilità delle disposizioni previgenti alle segnalazioni e alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate fino al 14 luglio 2023. Nel caso affrontato dal Tribunale le segnalazioni di whistleblowing risultavano tutte precedenti al 15 luglio 2023 e pertanto il Tribunale ha ritenuto inapplicabile la nuova normativa precisando:
“Ora, con riferimento alla tutela cautelare richiesta ai sensi del D.Lgs. 24/2023, si concorda con la difesa di A. laddove rammenta il chiaro disposto dell'art. 24 c. 1 ai sensi del quale: “1. Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 54 bis D.Lgs. 165/2001, all'art. 6, c. 2 bis, 2 ter e 2 quater, D.Lgs. 231/2001 e all'art. 3 L. 179/2017”.
Reputa chi scrive, pur nella consapevolezza, ad oggi, dell'ovvia assenza di precedenti in materia, che la norma, facente parte delle disposizioni transitorie e di collegamento del decreto, non sia di natura processuale.
Ne deriva che, nel caso concreto, non trova applicazione il principio “tempus regit actum” posto che la stessa disposizione in commento chiarisce a partire da quale momento “segnalazioni” e “denunce” (dunque, non procedimenti) saranno sussumibili alla sua disciplina.”
Le regole processuali del giudizio cautelare
L'applicazione della tutela, invocata in subordine, ai sensi dell'art. 700 c.p.c. ha imposto quindi al giudice di valutare la sussistenza dei due profili del “periculum in mora” e del “fumus boni iuris”.
Circa il primo profilo, appare particolarmente significativo il fatto che esso sia stato desunto in via presuntiva. Nella specie, la condizione di disagio economico e psico-fisico del lavoratore viene desunta dall'articolata vicenda in cui si è trovato e da una serie di elementi oggettivi. In particolare:
1) la percezione di un reddito medio;
2) il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria di una certa durata (oltre 5 anni);
3) la privazione del lavoro e della retribuzione per oltre 4 anni e mezzo;
4) dall'irrogazione di un precedente provvedimento di destituzione dal servizio accertato come illegittimo in sede giudiziaria.
In sostanza, il Giudice sommando tali indizi “gravi precisi e concordanti”, ha ritenuto la sussistenza di un pregiudizio imminente e irreparabile di natura patrimoniale e non del soggetto whistleblower.
Circa il secondo profilo del fumus boni iuris in via sommaria, l'ordinanza rilevato che:
- la destituzione dal servizio irrogata a seguito dell'attribuzione al lavoratore, attraverso una perizia di parte, di una lettera anonima contenente accuse nei confronti di alcuni dirigenti, appare sconfessata dalle opposte risultanze della controperizia redatta dal consulente tecnico del ricorrente;
- la sospensione disciplinare dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni è ritenuta infondata, in ragione dell'ampio periodo di tempo trascorso tra il momento in cui l'azienda ha avuto a disposizione l'hard disk del ricorrente (2017) e la data in cui si è provveduto ad estrarre la copia forense da cui sarebbero emersi i file contestati al lavoratore (gennaio 2019).
La portata della decisione
Merita certamente attenzione l'importante rilievo dato dal giudicante alla prova presuntiva di una circostanza di fatto ignota (il danno alla professionalità) attraverso la valutazione di elementi più o meno obiettivi i quali, per quanto scrutinati e valutati nell'ambito di un giudizio cautelare che prevede valutazioni pressocché sommarie, forse soltanto sommati e letti in un contesto univoco e complessivo potrebbero portare ad una valutazione di tal guisa tenuto conto della complessità della prova del danno.
Per quanto riguarda l'impianto motivazionale che ha escluso l'applicabilità della nuova normativa sul whistleblowing, l'ordinanza, per quanto faccia una disamina corretta dell'efficacia temporale della normativa transitoria, potrebbe esporsi ad eccezioni sulla natura processuale di altre disposizioni se si considera che la norma, oltre contemplare un principio e generale, per il quale tutte le disposizioni del decreto hanno effetto dal 15 luglio 2023, prevede anche un'eccezione ad esso che prevede l'applicabilità delle disposizioni previgenti alle segnalazioni e alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate fino al 14 luglio 2023.
In particolare, per le disposizioni di natura processuale dovrebbe applicarsi il principio generale “tempus regit actum”, per cui l'atto processuale è regolato dalla disciplina in vigore nel momento in cui viene posto in essere e la norma di cui all'art. 19, comma 4 sopra richiamata, ha natura processuale. Pertanto, nel caso affrontato, al fine di individuare la normativa applicabile, poteva anche valutarsi la data di avvio dell'azione giudiziaria (31 luglio 2023) invece che quella delle segnalazioni di whistleblowing (tutte precedenti al 15 luglio 2023).