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Interposizione fittizia di manodopera se il potere direttivo è della committente


28/03/2023 | Roberta Cristaldi

Con ordinanza n. 8055 del 21 marzo 2023 la Corte di Cassazione riafferma il principio secondo il quale il lavoratore impiegato nell'appalto può agire per ottenere la costituzione del rapporto di lavoro direttamente alle dipendenze della committente se il potere direttivo viene da quest'ultima esercitato, anche tramite i propri dipendenti.

Fonte: Quotidianopiù

Si ha interposizione fittizia di manodopera qualora il lavoratore, formalmente dipendente dell'appaltatrice, sia adibito a mansioni diverse dalle attività appaltate e sia accertato l'esercizio del potere direttivo da parte dei dipendenti della committente, a nulla rilevando che questi ultimi non avessero alcun potere di sottoscrivere contratti, con conseguente costituzione del rapporto di lavoro – ai sensi dell'art. 29 D.Lgs. 276/2003 – direttamente alle dipendenze della società committente.

A queste conclusioni è pervenuta la Corte di Cassazione con ordinanza n. 8055 del 21 marzo 2023.

Il caso di specie

Il lavoratore aveva prestato la propria attività nell'ambito di un contratto di appalto e ha convenuto in giudizio la società committente chiedendo la costituzione del rapporto di lavoro direttamente in capo a quest'ultima sul presupposto della violazione dell'art. 29 D.Lgs. 276/2003. Il lavoratore sosteneva, infatti, di essere stato adibito allo svolgimento di attività (movimentazione esterna di veicoli) diverse rispetto a quelle (di pulizia) oggetto del contratto di appalto.

Tali mansioni, secondo la tesi del lavoratore, erano altresì da ricondurre ad un superiore inquadramento rispetto a quello formalmente riconosciuto al lavoratore e, pertanto, quest'ultimo aveva diritto al pagamento delle relative differenze retributive.

I precedenti gradi del giudizio

Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso promosso dal lavoratore, dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il lavoratore e la società committente e condannando, altresì, la società committente al pagamento delle differenze retributive maturate sin dalla data di costituzione del rapporto sul presupposto che le mansioni in concreto svolte dal lavoratore fossero da ricondurre ad un superiore livello di inquadramento.

La Corte d'appello ha confermato la declaratoria di sussistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e la società committente. Nonostante l'esecuzione di un effettivo contratto di appalto, il lavoratore (formalmente dipendente della società appaltatrice) era stato adibito allo svolgimento di mansioni di movimentazione esterna di veicoli che non potevano essere considerate come meramente strumentali ed accessorie rispetto a quelle di pulizia oggetto dell'appalto di servizi.

Sulla base di tali considerazioni, il rapporto di lavoro doveva essere instaurato alle dipendenze del datore di lavoro beneficiario della prestazione lavorativa, in quanto difettava il carattere di genuinità dell'appalto di servizi e, in particolare, l'esercizio del potere direttivo e di controllo dell'appaltatore sul proprio dipendente, sottoposto, al contrario, al potere di etero-direzione da parte della committente.

Le mansioni concretamente svolte dal lavoratore, tuttavia, non erano riconducibili ad un superiore livello di inquadramento e, pertanto, la Corte d'appello ha riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui la società committente (datore di lavoro sostanziale) era stata condannata al pagamento di differenze retributive.

La decisione della Suprema Corte

La società committente aveva censurato la sentenza d'appello, evidenziando che non poteva configurarsi interposizione fittizia di manodopera in quanto l'effettiva adibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle oggetto del contratto di appalto era stata disposta da dipendenti della committente privi del potere di stipulare contratti. Non essendo configurata la fattispecie della interposizione fittizia di manodopera, non poteva darsi luogo alla pronuncia di costituzione del rapporto di lavoro tra il lavoratore medesimo e la committente. Il lavoratore avrebbe potuto, al più, avere diritto al mero riconoscimento di (eventuali) maggiorazioni retributive.

In contrario avviso, la Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte d'appello ed evidenzia che l'accertamento dell'esercizio dei poteri di direzione e controllo da parte della committente sul lavoratore formalmente dipendente della società appaltatrice risultava confermata all'esito dell'istruttoria, nell'ambito della quale era emerso che il lavoratore medesimo avesse svolto le mansioni di movimentazione esterna di veicoli (attività estranea ai servizi appaltati) tutti i giorni per un anno, ricevendo le direttive dal responsabile dell'officina dipendente della società committente.

La Suprema Corte ritiene che sia integrata la fattispecie dell'interposizione fittizia di manodopera per avere la società committente scelto, per il tramite del proprio responsabile di officina, di adibire il lavoratore (formalmente assunto dall'appaltatrice) a mansioni diverse dai servizi appaltati, a nulla rilevando che il responsabile dell'officina non avesse alcun potere di concludere contratti. Ne consegue che, in siffatta ipotesi, il rapporto di lavoro deve essere costituito direttamente alle dipendenze della società committente.

Cass. 21 marzo 2023 n. 8055