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Responsabilità penale per il prelievo dalle casse sociali di somme privo di elementi di riscontro


07/02/2023 | La Redazione

Il socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell'interesse della società, senza l'indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata valutazione commette il reato di bancarotta per distrazione.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso del socio amministratore avverso la sentenza della corte di appello che lo aveva ritenuto colpevole di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Il ricorrente aveva dedotto l'erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione, poiché la corte di appello si era limitata a considerare la circostanza della mancanza di una delibera assembleare che autorizzasse lo stesso imputato al prelievo di una somma quale compenso delle prestazioni svolte.


Per la corte di cassazione, invece, emerge l'infondatezza del vizio di motivazione se si considera che la corte di appello ha adeguatamente posto in evidenza come, da un lato, la somma risulta elargita proprio a ridosso del fallimento (risultando una parte del pagamento intervenuta addirittura dopo l'udienza prefallimentare) e, dall'altro, come l'esborso non fosse sostenuto da alcuna delibera assembleare di autorizzazione al prelevamento di tale somma.

I giudici evidenziano come l'imputato non avesse, inoltre, fornito alcun elemento utile a stabilire non solo la congruità della somme percepite ma anche a dimostrare l'effettiva consistenza dell'attività svolta in favore della società. Richiamando i precedenti di giurisprudenza di cassazione, la corte precisa che commette il reato di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, il socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell'interesse della società, senza l'indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti (ex multis, Cass. 19 luglio 2017 n. 49509, Cass. 13 agosto 2020 n. 27132).

Tali principi sono ovviamente applicabili anche al caso in cui a liquidare e prelevare le somme a titolo di presunti compensi in proprio favore sia il liquidatore e non l'amministratore; laddove il mero riferimento, nei caso in esame, alla riduzione del dissesto costituisce un parametro di per sé non sufficiente ad offrire un valido criterio di determinazione dell'attività svolta e del relativo compenso, essendo esso rimasto sganciato rispetto a tutte le altre componenti valutative che necessitano ai fini di una compiuta valutazione.