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Responsabilità 231: chiarimenti su idoneità dei modelli e reati tributari


27/01/2023 | Annalisa De Vivo, Carlo De Luca

La Guardia di Finanza si è pronunciata anche sulla responsabilità 231. Due aspetti delicati in tema di accertamento delle violazioni: l'inidoneità del modello organizzativo 231 e la responsabilità 231 per una società di capitali in cui, in assenza di un modello, management e proprietà coincidono.

Fonte: QuotidianoPiù

Inidoneità del modello organizzativo 231

La GdF ha fornito un chiarimento in merito agli elementi tipici esaminati dalle unità operative del Corpo al fine di valutare se un modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001 sia idoneo ed adeguatamente applicato in ambito aziendale.

In particolare, la GdF ha evidenziato il ruolo del modello di organizzazione (MOG) quale “sensore” dei rischi di reato, in un'ottica di monitoraggio e prevenzione. A tal fine non è sufficiente la mera adozione del MOG, essendone piuttosto richiesta l'idoneità in termini di efficace attuazione e adeguatezza rispetto alla specifica struttura dell'Ente, sia nei rapporti interni che nelle relazioni esterne.

Sul piano investigativo, l'attività di accertamento della sussistenza delle suddette caratteristiche, finalizzata al c.d. vaglio di idoneità del MOG, si basa sui seguenti aspetti:

  • verifica che il modello risponda all'esigenza di procedimentalizzare, previa mappatura delle aree di operatività esposte al rischio-reato, la formazione del personale e l'attuazione delle decisioni degli apicali, la gestione delle risorse finanziarie;
  • costituzione effettiva di un Organismo di vigilanza;
  • diffusione di un codice etico che formalizzi i principi aziendali, nel rispetto dei valori di legalità;
  • esistenza di un sistema di aggiornamento continuo del modello;
  • predisposizione di un apparato sanzionatorio disciplinare interno;
  • creazione di un sistema di tutela da atti di ritorsione e discriminazione nei confronti dei whistleblower.

Infine, perché il modello possa dirsi efficacemente attuato, in aderenza al principio di separazione delle funzioni, l'ente dovrà essere in grado di documentare ogni operazione, in modo da consentirne la ricostruzione a posteriori e l'individuazione dei soggetti che hanno effettuato e autorizzato la transazione.

La ricorrenza di tali elementi, rimessi al vaglio della Magistratura, sarà determinante per valutare l'operato dell'ente in relazione ai canoni della trasparenza, correttezza, lealtà nei rapporti con gli stakeholder, ricomprendendovi non solo amministratori e soci, ma anche la Pubblica Amministrazione e – più in generale – l'intero sistema economico.

Reati tributari e responsabilità 231

Un secondo chiarimento è stato fornito dalla GdF rispetto alla presenza di un reato tributario “fonte” ex D.Lgs. 231/2001, ascrivibile a una società di capitali in cui, in assenza di modello organizzativo e altri presidi previsti dalla normativa 231, i vertici aziendali/management e proprietà coincidono.

Nello specifico, la GdF ha sottolineato come l'introduzione dei c.d. reati tributari nel catalogo dei reati 231/01 (art. 25-quinquesdecies, D.Lgs. 231/2001, articolo aggiunto dalla L. 157/2019 e dal D.Lgs. 75/2020) imponga alla polizia giudiziaria che sta indagando sul reato presupposto di rappresentare al Pubblico Ministero tutte le circostanze di fatto utili a verificare la sussistenza dei presupposti da cui può scaturire anche l'eventuale responsabilità dell'ente.

In particolare, la polizia giudiziaria è chiamata a rilevare due aspetti:

1. se il reato è stato commesso da soggetti apicali o sottoposti;

2. se il reato presupposto sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente.

Se, invece, il reato è stato commesso dai soggetti di cui al punto sub 1) nell'esclusivo interesse proprio o di terzi, è evidente che la responsabilità 231 deve essere esclusa.

Qualora venga ravvisata la presenza di entrambi i presupposti richiamati dalla norma, la polizia giudiziaria è chiamata altresì a verificare l'idoneità dei modelli organizzativi eventualmente adottati a prevenire la commissione di reati della specie di quello presupposto.

Quanto, invece, alla coincidenza – evidenziata nel quesito –tra il management e la compagine sociale (ad esempio per le SRL unipersonali), la contestuale punibilità dell'ente e del suo rappresentante legale per il medesimo fatto può costituire una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 45100 del 6 dicembre 2021: il relativo accertamento, secondo la Suprema Corte, deve essere effettuato sulla base sia di criteri quantitativi (es. dimensioni dell'impresa e struttura organizzativa della società), sia funzionali, fondati sull'impossibilità di distinguere un interesse dell'ente da quello del suo socio unico e legale rappresentante.

Art. 25-quinquesdecies, D.Lgs. 231/2001

L. 157/2019

D.Lgs. 75/2020